lunedì 25 novembre 2013

La responsabilità infermieristica: è obbligo dell'infermiere di chiamare il medico ad intervenire. Rientra nel proprium dell'infermiere quello di controllare il decorso della convalescenza del paziente

Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 28-05-2009) 21-09-2009, n. 36554
Svolgimento del processo - Motivi della decisione

-1- Con sentenza del 18 dicembre 2003, il Tribunale di Massa, sezione distaccata di Carrara, ha ritenuto F.A. colpevole del delitto di omicidio colposo in pregiudizio di C.P. e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, l'ha condannata alla pena di un anno di reclusione; pena sospesa e non menzione della condanna.

Secondo l'accusa, condivisa dal tribunale, l'imputata, infermiera presso l'ospedale di Carrara, in cooperazione con il dott. D. G., medico presso lo stesso nosocomio, su prescrizione di costui, aveva somministrato al C., colà ricoverato, una rapida endovenosa di cloruro di potassio. Tale terapia, disposta dal dott. D. - che ha, in separato giudizio, patteggiato la pena con riguardo sia al delitto di omicidio colposo che al delitto di falso in cartella clinica -, aveva immediatamente provocato al paziente un collasso cardiocircolatorio che ne aveva determinato, in pochi istanti, la morte.

Il primo giudice ha sostenuto che la somministrazione del farmaco andava effettuata lentamente, previa diluizione dello stesso, per via periferica, non per endovena, proprio per scongiurare il pericolo di un blocco del cuore, poi verificatosi. Pur se la terapia era stata decisa dal D., l'imputata, secondo lo stesso giudice, non poteva andare esente da colpe, posto che l'errore dalla stessa commesso verteva su cognizioni tecniche elementari ed era di tale gravità da potervisi ravvisare una condotta imperita, negligente e imprudente; la stessa imputata avrebbe dovuto almeno informarsi ed accertare a quali conseguenze avrebbe potuto andare incontro il paziente con quelle modalità di somministrazione del farmaco.

Su appello proposto dall'imputata, la Corte d'Appello di Genova, con sentenza del 5 ottobre 2005, in riforma della sentenza impugnata, ha assolto la stessa dal reato ascrittole per non avere commesso il fatto.

I giudici del gravame hanno ritenuto insussistente l'elemento psicologico del reato alla luce della scarsa esperienza e della giovane età dell'imputata dalla quale, non avendo la stessa in precedenza mai utilizzato il farmaco in questione e non essendo mai stata informata circa le modalità d'uso dello stesso, nessuno avrebbe potuto pretendere posizioni di controllo della decisione adottata da un medico che, per la qualifica professionale ricoperta e per l'ultra trentennale esperienza, appariva del tutto affidabile.

Esperienza e qualifica che non rendevano necessari ulteriori chiarimenti sulle modalità di somministrazione, peraltro specificamente indicate dal dott. D. e trascritte nella cartella clinica. E dunque, la condotta della F., che aveva materialmente eseguito l'endovena letale, era stata determinata da errore indotto dal medico, al quale ogni responsabilità per l'accaduto doveva esclusivamente essere attribuita.

-2- Avverso tale decisione ricorre il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d'Appello di Genova che deduce; a) nullità della sentenza impugnata per erronea applicazione della circolare del Ministero della Sanità n. 28 del 12.4.1986 che obbliga il personale infermieristico ad attivarsi ed a richiamare l'attenzione del medico sui dubbi afferenti le modalità di somministrazione endovenosa di un farmaco mai somministrato in precedenza; ciò, evidentemente, non per censurarne le decisioni, bensì per ottenere i necessari chiarimenti; b) violazione dell'art. 47 c.p., laddove i giudici del gravame hanno ritenuto che l'errore indotto dal sanitario dovesse mandare l'imputata esente da responsabilità, senza considerare che tale errore non può svolgere il ruolo di causa esimente poichè l'omissione, da parte dell'imputata, del dovere sopra richiamato ha costituito, rispetto all'omissione addebitata al D., il secondo antecedente causale dell'evento, che l'attuazione della condotta omessa avrebbe impedito.

Con memoria depositata presso la cancelleria di questa sezione, F.A. sostiene l'inammissibilità del proposto ricorso, ovvero il rigetto dello stesso.

In particolare, rileva l'imputata l'inesistenza del vizio dedotto, ex art. 606 c.p.p., lett. b), atteso che la semplice violazione di circolari ministeriali non integra la diversa ipotesi di cui alla richiamata disposizione di legge, che riguarda l'inosservanza o l'erronea applicazione della legge penale sostanziale o di altre norme giuridiche extrapenali cui la norma penale stessa fa riferimento e che valgano ad integrarne il precetto; ciò che non può ritenersi per le circolari ministeriali, che hanno solo il compito di orientare la condotta del personale infermieristico.

Inesistente è anche, a giudizio dell'imputata, la violazione dell'art. 47 c.p., in virtù del quale si afferma dal ricorrente che l'errore indotto dal dott. D. non potrebbe svolgere il ruolo di esimente poichè l'omissione, da parte della F., dei suoi doveri, avrebbe rappresentato il secondo antecedente causale dell'evento che l'attuazione della condotta omessa avrebbe potuto impedire. Affermazione ritenuta errata in quanto frutto di confusione e commistione del piano della causalità con quello dell'elemento soggettivo della colpa. In realtà, separati i due piani, esattamente la corte territoriale ha ritenuto che alla condotta dell'imputata non potesse attribuirsi rilevanza penale, essendo stata la stessa indotta in errore dal medico, ben più qualificato ed esperto della giovane infermiera, sulla cui competenza questa aveva fatto legittimo affidamento. In ogni caso, sostiene, infine, subordinatamente, la F., il reato sarebbe ormai estinto per prescrizione.

-3- Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Invero, a fronte delle ragioni poste dal giudice del gravame a fondamento della decisione impugnata, cioè l'insussistenza dell'elemento psicologico del reato, avendo l'imputata agito seguendo le precise disposizioni impartitele per iscritto dal dott. D., il ricorrente denuncia la mancata osservanza di una circolare ministeriale (n. 28 del 12.4.86 del Ministero della Sanità), laddove in essa si prescrive l'obbligo, da parte del personale infermieristico, di attivarsi, nel caso di dubbi sulle modalità di somministrazione endovenosa di un farmaco, al fine di richiamare l'attenzione del medico ed ottenerne le opportune precisazioni.

Orbene, a prescindere dalla proponibilità della violazione della circolare in questione quale motivo di ricorso ex art. 606 c.p.p., lett. b), in vista della funzione meramente attuativa ed interpretativa di norme che la stessa sembra presentare, osserva la Corte che l'obbligo di attivazione dell'infermiere, previsto in detta circolare, presuppone - secondo quanto si sostiene nel ricorso - la sussistenza di dubbi sulle modalità di somministrazione del farmaco, laddove, nel caso di specie, l'imputata non poteva nutrire dubbi di alcun genere posto che il dott. D. aveva già, per iscritto e con precisione, indicato tali modalità, di guisa che non vi era alcuna necessità di chiedere ulteriori chiarimenti.

E dunque, ove anche proponibile quale motivo di ricorso, ai sensi del richiamato art. 606 c.p.p., lett. d, dovesse ritenersi la violazione della predetta circolare, dovrebbe rilevarsene l'irrilevanza, in ragione dell'insussistenza, nel caso in esame, di dubbi sulle modalità di somministrazione del farmaco che avrebbero dovuto indurre l'infermiera ad attivarsi nei termini sopra indicati.

Manifestamente infondato, quindi, il primo motivo di ricorso, resta la coerenza logica della decisione impugnata, che ha congruamente argomentato in ordine alla insussistenza della colpa in capo all'imputata per mancanza dell'elemento psicologico del reato contestato, in ragione della esperienza professionale del dott. D., contrapposta all'inesperienza della F., della precisa indicazione nella cartella clinica delle modalità di somministrazione del farmaco, del conseguente legittimo affidamento dell'imputata sulla competenza e sulla esperienza del medico.

Questioni che il ricorrente concretamente non affronta, essendosi limitato a richiamare, a sostegno del ricorso, un'inesistente condotta omissiva.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 28 maggio 2009.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2009

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